Ultrabericus (quasi) Winter

Il rischio che fosse una colossale sola c’era eccome. A partire dal nome: Ultrabericus Winter dove, ad essere ostinatamente tecnici, snob e cagacazzi, era chiaro che non si trattasse di una Ultra (33 km) e che, se è vero che l’inverno inizia il 21 dicembre, non fosse neppure “winter”.

In realtà le ghiacciate dell’ultima settimana avevano lasciato sperare in un bel giro sui colli congelati, speranza svanita già il sabato, con innalzamento delle temperature e qualche pioggerellina a ultimare la cottura del fango. In più, una persona informata dei fatti, aveva detto che il percorso era una schifezza: “la soita supa sui berici”

Insomma, i presupposti perché fosse una sorta di imitazione della vera Ultrabericus, parevano esserci tutti: una specie di periplo Berico prodotto in Cina. Salvo il fatto che ad organizzarla fossero gli stessi Ultraberici, che di solito non sbagliano un colpo.

Infatti non lo hanno sbagliato.

Si parte da Torri, frazione di Arcugnano, il paese più esteso della provincia, ci insegnavano a scuola; 600 scalmanati qualcuno vestito che pare dover salire l’Annapurna e altri che pare stiano facendo il cocktail alla Capannina di Jesolo a Ferragosto… se vuoi decidere come vestirti ad una gara non puoi di certo contare sull’esempio degli altri.

I miei compagni di viaggio Folgoranti sono Dario e Sam Jr, entrambi troppo più giovani di me per sperare di corrermela con loro. (che poi è una cazzata, che ci sono ultracinquantenni che li hanno pagliati alla grande, ma non ditelo a nessuno)

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Tortugas Azules Winter Edition

Partiamo gagliardi. Io gagliardissimo, in modalità: “oggi ho solo mezz’ora mi faccio 5 km a tutta”. Solo che i km sono molti di più e alla prima salita arrivo che sono già a corto di fiato e con il cuore che pulsa distintamente in gola. L’idea era evitare gli ingorghi fangosi alle prime salite che, o non ci sono stati, o sono riuscito nel mio intento.

Il brutto è che poi mi superano tutti, perché se stai nei primi 50 all’inizio e la tua posizione naturale è in fondo alla classifica, prima o poi la selezione naturale ti avrà, (che cacchio lo hai studiato a fare Darwin, Gaetà?!)

Un’ottimo esercizio per la psiche, non c’è che dire e anche se ne conosci il motivo, farsi superare da centinaia di persone non è mai una bella situazione.

Come in tutte le gare decido chi sono i miei punti di riferimento in corsa: ti scegli tre o quattro sfigati come te corridori al tuo livello e fai la gara su di loro.

I prescelti sono, in ordine di apparizione:

Un piccoletto dal fisico palestrato che ho visto in molte altre gare (dopo un po’ diventa facile scegliere i tuoi punti di riferimento): corre praticamente sul posto con le gambe arcuatissime. Sembra mio figlio Pietro quando fa la scimmietta che balla. Eppure non ci sono santi di tenermelo dietro, mai.

Il suo amico lungagnone che rutta ad intervalli regolari.

Il sosia di Francesco Rigodanza (che però ha vinto): alto, riccio, asciutto ma ha troppi gadget per essere il vero Rigo.

Il vecchietto di legno: che poi “vecchietto”, magari non arriva nemmeno a sessant’anni. Solo che è secco secco e non molla mai.

L’esercizio è sempre lo stesso: in discesa li raggiungo e li stacco, in salita mi prendono e mi staccano.

La prima metà della gara è una fatica insopportabile, come sempre. Non so se sono io, che ci metto tanto ad andare in temperatura (riscaldamento anche no, grazie) o se mi faccio sempre aspettative troppo alte. Fatto sta che carburo poco prima del primo ristoro. Sto bene, la temperatura è buona e sento che adesso mi mangio la lunga discesa. Il tempo di una foto, che vabbè la gara, ma certi panorami, oh…

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Il panorama è la scusa migliore per fermarsi durante una gara

Del giro che ci fanno fare non capisco una mazza di tamburo, penso che non riuscirei a tornarci nemmeno con i cani guida. Anche se in alcuni tratti riconosco frammenti della Ultrabericus dello scorso anno, il che non è male, visto che quando sono passato da queste parti avevo già chiesto il preventivo alle pompe funebri: ero più lucido di quello che pensavo.

Al secondo ristoro al Lago di Fimon ci sono gli amici di Running Forum che fanno il tifo. “Ma mangi tutta quella roba?” “Oh, è tutto pagato”

Forse avevano ragione, comunque, visto che per far scendere la fetta di dolce devo berci dietro un’intera borraccia e fermarmi anche con la scusa di legare le scarpe. Tento con goffa nonchalance di infilarmi nella deviazione dei 17 km ma il tipo del controllo mi sorride e mi manda su per un’erta ripida ripida. C’è un tizio che ha male ad una caviglia che se ne torna indietro smadonnando.

Mi vergongo a dirlo ma il fatto mi ringalluzzisce, anche dopo, dove troverò un altro ritirato… mi rendo conto di essere una merda di animale che si esalta all’odore del sangue. Un tipo ad un incrocio mi chiede quanti chili avrò perso alla fine, 5?

“Non è mica facile perdere 5 chili sa?”

“Ma nemmeno di acqua?”

“Forse si, ma li sostituiamo con la birra, e allora come la mettiamo?”

Ride e lo saluto

Ultimo ristoro in un ameno borghetto in collina. C’è uno che porcona perché la moglie è indietro.

“Che borgo è mai questo, gentil messere?”

Non ottengo risposta, ma penso fosse Lapio.

Dunque dunque: nonostante abbia fatto in  1 ora e 20 i primi 11 km, 2,40 i primi 22, negli ultimi 4-5 sono calato e sotto le 4 ore non ci rimango nemmeno se trovo un passaggio in auto. Forse le 4,30.

Ma anche no… calo in modo spropositato e anche solo il dubbio che mi facciano fare qualche altra salita che conosco mi fa avere reazioni autistiche: mi fermo in stato catatonico e non mi muovo per alcuni secondi.

Di buono c’è che non sono il solo: semino “scimmietta” e “Il rutto”, nell’ultima salitella passo anche il Rigo-Replica e, udite udite, nell’ultima discesa supero anche il vecchietto di legno. La cosa mi galvanizza al punto che mi produco in pose e movenze paralitico-plastiche per i fotografi che spero buttino tutti gli scatti su di me o ne esce un must comico che Stanlio ed Olio in confronto erano Ken Loach (oltre che uno sputtanamento notevole).

Arrivo raschiando il barile, in 4, 32, 52 con le Folgoranti a fare foto e rassicurare a casa che siamo tutti vivi. I miei compagni di squadra hanno già digerito l’ottimo minestrone e ci teniamo il tempo per le ultime gigionate con gli altri runners.

In sostanza Ultrabericus Winter è una gara nervosa e muscolare, da provare.

E sono tornato a casa stanco ma felice

 

 

4 pensieri su “Ultrabericus (quasi) Winter

  1. Che dire?? Sono arrivata “quasi” ultima alla speed, che di speed non aveva nulla ( considerate le salite)…e devo dire che, al solito, me la sono stragoduta..bello il percorso, bella gente, bel FANGO…ed ho rallentato pensamdo che, se mi fossi rotta qualche osso a scapicollo, addio reggio emilia!!comunque bravi!! Graditissima la medaglia enologica e bel ristoro finale..GRAZIE A TUTTI VOLONTARI!! Prox anno farò i 30, con luce frontale, perché chissà quando arrivo!! GRAZIE!!

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